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I.V. c. Bolivia, Serie C No. 329, Corte interamericana dei diritti umani, 30 novembre 2016

Abstract

Sterilizzazione forzata di una donna peruviana senza il suo previo consenso pieno ed informato e senza benefici per la sua salute costituisce violazione dei suoi diritti alla dignità, alla libertà ed integrità personali, alla vita privata e familiare, all’accesso all’informazione ed a costruire una famiglia.

Riferimenti normativi

Art. 1 Convenzione americana
Art. 5 Convenzione americana
Art. 11 Convenzione americana
Art. 13 Convenzione americana
Art. 17 Convenzione americana

Massima

1. Storicamente, la libertà e l’autonomia di una donna riguardo alla propria salute sessuale e riproduttiva è stata limitata, ristretta o annullata, sulla base di stereotipi di genere negativi e pregiudizievoli. Questo perché, da un punto di vista sociale e culturale, gli uomini si sono visti riconoscere un ruolo dominante nelle decisioni riguardanti il corpo delle donne, mentre le donne sono state percepite soprattutto come entità riproduttiva. In particolare, la Corte nota che la sterilizzazione non-consensuale è stata influenzata da relazioni tra uomini e donne storicamente inique. Seppur la sterilizzazione abbia costituito un metodo utilizzato tanto dalle donne quanto dagli uomini, la sterilizzazione non-consensuale ha colpito le donne in maniera sproporzionata, in quanto, appunto, donne e poiché la società assegnava loro la funzione riproduttiva e di pianificazione familiare.

2. La sterilizzazione forzata può nascondere stereotipi di genere negativi o pregiudizievoli esistenti nei contesti sanitari ed avere come risultato la legittimazione, normalizzazione e perpetuazione delle sterilizzazioni non-consensuali che colpiscono in modo sproporzionato le donne. Nel caso di specie, la decisione medica di intraprendere la procedura di sterilizzazione senza il consenso previo, libero, pieno ed informato della ricorrente è scaturita da una logica di cura paternalistica e dal pregiudizio che la sterilizzazione dovesse essere compiuta anche in assenza di un’urgenza o emergenza medica, sulla base dell’idea che la ricorrente non sarebbe stata in grado di prendere decisioni adeguate in futuro volte ad evitare un’altra gravidanza. La condotta, con la conseguente impossibilità a concepire, ha causato alla ricorrente una sofferenza fisica e mentale durevole, così come un dolore emozionale considerevole a livello personale, familiare e sociale.
(La ricorrente, una donna peruviana rifugiata, era stata ricoverata in seguito a delle complicanze legate alla gravidanza. Senza il suo consenso, le erano state legate le tube di Falloppio. La Corte rilevava che la condotta costituiva sterilizzazione forzata in violazione dei diritti alla libertà ed integrità personali, alla dignità, alla vita privata e familiare, all’accesso all’informazione e alla costruzione di una famiglia).

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