Aborto e misure di controllo delle nascite imposti su donne con disabilità mentali in struttura neuropsichiatrica senza il loro consenso costituiscono trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’articolo 3.
Riferimenti normativi
Art. 3 CEDU
Massima
1. La posizione di inferiorità ed impotenza che è tipica de* pazienti confinat* in ospedali psichiatrici richiede un’attenzione maggiore nel corso della valutazione circa il rispetto o meno della Convenzione.
2. Gli Stati hanno un obbligo di protezione rafforzato nei confronti di persone con disabilità intellettive, che, affidate alle cure di un’istituzione pubblica responsabile di garantirne la sicurezza ed il benessere, non sono state private della loro capacità d’agire, non hanno un rappresentante legale e si trovano, quindi, in una situazione di particolare vulnerabilità.
3. Mentre gli atti e le omissioni dello staff medico degli ospedali pubblici implicano chiaramente una responsabilità dello Stato convenuto ai sensi della Convenzione, i differenti ruoli che svolgono tali ospedali richiedono una disamina delle circostanze fattuali del supposto maltrattamento dal punto di vista, simultaneamente, degli obblighi positivi e negativi dello Stato alla luce dell’articolo 3 della Convenzione.
(Le ricorrenti, tre donne con disabilità intellettive, ricoverate in un ospedale psichiatrico, lamentavano la violazione dell’articolo 8 CEDU, a seguito dell’imposizione di aborti e misure di controllo delle nascite, dopo esser state ripetutamente violentate dal capo medico, nonché della mancanza di indagini effettive da parte delle autorità moldave. La Corte EDU ha rilevato la violazione dell’articolo 3 CEDU, tenendo conto che gli interventi medici invasivi, alla luce della vulnerabilità delle ricorrenti derivante dalla combinazione di genere, disabilità ed istituzionalizzazione, siano stati sufficientemente gravi da farne rientrare la valutazione nel campo di applicazione della suddetta disposizione).
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