Corte di Cassazione italiana, Sez. VI Penale, N. 55/2002, 8 novembre 2002
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Abstract
Ricorso contro condanna per reato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali gravi, vittima la moglie dell’imputato. Background culturale e religioso che ha influito sulle condotte illecite. Elemento soggettivo dell'imputato.
Riferimenti normativi
Art. 2 Costituzione italiana
Art. 3 Costituzione italiana
Art. 5 codice penale italiano
Art. 572 codice penale italiano
Massima
1. La diversa concezione, rispetto a quella italiana, che un imputato di religione musulmana ha della convivenza familiare e delle potestà a lui spettanti quale “capo-famiglia”, secondo cui validamente può disporsi della gerarchia e delle abitudini di vita interne al proprio nucleo familiare, senza che interventi esterni possano sanzionare comportamenti recepiti come legittimi, non può in alcun modo escludere l’elemento soggettivo del dolo del delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, in quanto tale concezione si pone in assoluto contrasto con le norme che stanno alla base dell'ordinamento giuridico italiano.
2. I principi costituzionali dettati dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, attinenti alla garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo (ai quali appartengono indubbiamente l'integrità fisica e la libertà sessuale), sia come singolo sia nelle formazioni sociali (fra cui è certamente ascrivibile anche la famiglia) e relativi alla pari dignità sociale e all’uguaglianza senza distinzione di sesso, costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l'introduzione, di diritto e di fatto, nella società civile, di consuetudini, prassi, costumi che si propongono come “antistorici” a fronte dei risultati ottenuti, nel corso dei secoli, per realizzare l'affermazione dei diritti inviolabili della persona, cittadino o straniero.
3. L’elemento soggettivo del dolo dei maltrattamenti in famiglia ricorre, stante l'obbligo per l'imputato di conoscere, ai sensi dell'articolo 5 c.p., il divieto imposto dalla legge ai comportamenti lesivi da lui posti in essere, quale che possa essere stata, per lui, la valutazione della condotta che ha voluto e realizzato (eventualmente ritenuta innocua o socialmente utile).
(Nel caso di specie, la difesa aveva sostenuto che la formazione culturale e religiosa particolarmente rigida dell’imputato, di fede musulmana, ha influito sulla sua consapevolezza di vessare e prevaricare il proprio coniuge, stemperandone l’elemento soggettivo, in quanto l'elemento materiale che ai sensi dell'art. 572 c.p. integra il reato di maltrattamenti in famiglia, in una società islamica rappresenterebbe un normale rapporto di coppia. Con la conseguenza, secondo la difesa, che lo straniero può rispondere del reato di maltrattamenti solo in quanto sia provato il suo dolo, consistente nella consapevolezza di aver superato la soglia di ciò che è considerato conforme al diritto della società islamica e di aver commesso un fatto illecito e vessatorio.)