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Beizaras e Levickas c. Lituania, N. 41288/15, Corte EDU (Seconda Sezione), 14 gennaio 2020

Abstract

Incitamento all’odio in internet con contenuti discriminatori contro persone omosessuali. Violazione del diritto ad un ricorso effettivo.

Riferimenti normativi

Art. 8 CEDU
Art. 13 CEDU
Art. 14 CEDU

Massima

1. I commenti che costituiscono discorsi d’odio ed incitamento alla violenza sono chiaramente illeciti e possono, in via di principio, necessitare l’adozione di misure positive da parte gli Stati. L’incitamento all’odio non implica necessariamente un richiamo ad un atto di violenza o ad altri atti di rilevanza penale. Cionondimeno, le autorità possono ritenere che gli attacchi alla persona, commessi insultando, ridicolizzando o calunniando specifici gruppi, siano sufficienti a giustificare la limitazione della libertà d’espressione esercitata in modo irresponsabile.

2. Internet gioca un ruolo importante nell’incrementare l’accesso del pubblico alle notizie e facilitare la diffusione delle informazioni più in generale. Allo stesso tempo, l’impatto potenziale del mezzo di informazione è un fattore fondamentale da valutare nella considerazione dei doveri e delle responsabilità di coloro che pubblicano una certa informazione. Di fatto, anche la pubblicazione di un solo commento intriso d’odio, a maggior ragione qualora questo dichiari che certe persone debbano essere ‘uccise’, è sufficientemente grave da dover esser presa seriamente.

3. Se, da un lato, la protezione della famiglia nel senso tradizionale è, in linea di principio, una ragione legittima e pregante tale da giustificare una differenza di trattamento, lo Stato può adottare una vasta gamma di misure per perseguire tale obiettivo. Lo Stato è libero di scegliere il tipo di misure che mirano a proteggere la famiglia e garantire il rispetto della vita familiare. Tuttavia, nel fare ciò, deve considerare i cambiamenti che avvengono nella percezione delle questioni sociali, delle relazioni e dello stato civile, tra cui il fatto che non esiste soltanto un unico modo od un’unica scelta per vivere la propria vita familiare o privata. Ad ogni modo, le attitudini o gli stereotipi che prevalgono nel corso di un certo periodo di tempo tra la maggioranza dei componenti di una società non possono servire a giustificare né la discriminazione contro altre persone soltanto sulla base del loro orientamento sessuale, né la limitazione del diritto alla protezione della vita privata.
(Uno dei due ricorrenti aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook una foto di un bacio tra lui ed il compagno, che aveva ricevuto numerosi ‘mi piace’ e commenti, tra cui trentuno dal contenuto offensivo ed omofobico. Il pubblico ministero aveva ritenuto non fosse necessario avviare le indagini preliminari, mentre, successivamente, le corti interne non avevano esaminato attentamente la denuncia di discriminazione dei ricorrenti. La Corte EDU riscontrava una discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, che costituiva anche violazione del diritto alla vita privata e familiare, ai sensi dell’articolo 14 in combinato disposto con l’articolo 8. La Corte accertava anche una violazione del diritto ad un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13, visto l’inadempimento da parte delle autorità giudiziarie dell’obbligo positivo di garantire il godimento dei diritti stabiliti nella CEDU, materializzatosi nel rifiuto di dare una risposta effettiva alla denuncia)

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