Libertà religiosa. Rispetto delle prescrizioni alimentari nel corso della detenzione. Dieta vegetariana. Obblighi dell'autorità penitenziaria.
Riferimenti normativi
Art. 9 CEDU
Massima
1. Le regole alimentari rappresentano un’espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio credo religioso attraverso le pratiche e l’osservanza dei riti. Esse, pertanto, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 9 CEDU.
2. Nel valutare il regime alimentare dei detenuti, l’autorità penitenziaria deve cercare un bilanciamento adeguato e ragionevole fra le esigenze dell’istituzione carceraria e la libertà religiosa dei soggetti privati della libertà personale.
3. Il rifiuto, da parte dell’amministrazione penitenziaria, di offrire al detenuto una dieta rispettosa delle esigenze alimentari tipiche del suo credo religioso, costituisce una limitazione irragionevole del diritto di manifestare liberamente la propria fede (caso in cui l’amministrazione penitenziaria aveva rifiutato di fornire al ricorrente – seguace del buddhismo mahāyāna – una dieta vegetariana, adducendo motivazioni di carattere organizzativo, finanziario e logistico).
Note
Nella motivazione della sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato che il ricorrente ha chiesto semplicemente di escludere dalla propria dieta gli alimenti a base di carne. A differenza di altri regimi alimentari, una dieta vegetariana non richiede l’impiego di prodotti speciali; d’altra parte, la preparazione di un pasto vegetariano non comporta che i cibi siano cucinati, preparati e serviti secondo modalità predefinite. La Corte di Strasburgo ha richiamato, in particolare, l'art. 22 della Raccomandazione n. 2/2006 sulle Regole penitenziarie europee adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
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