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Stanev c. Bulgaria, N. 36760/06, Corte EDU (Grande Camera), 17 gennaio 2012

Abstract

Trattamento inumano e degradante di persona affetta da presunta schizofrenia collocata per sette anni in una casa di assistenza sociale dalle condizioni igieniche pessime e con cibo insufficiente. Violazione articolo 3.

Riferimenti normativi

Art. 3 CEDU

Massima

1. L’articolo 3 racchiude uno dei valori fondamentali delle società democratiche. La disposizione proibisce in termini assoluti la tortura o i trattamenti o pene inumani o degradanti, a prescindere dalla condotta della persona interessata. Per ricadere nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, un trattamento deve raggiungere una soglia minima di gravità. Questa soglia minima è relativa; essa dipende dalle circostanze del caso, come la durata del trattamento, le conseguenze fisiche o mentali ad esso connesse e, in alcuni casi, il genere, l’età e lo stato di salute della vittima.

2. La Corte ha ritenuto un trattamento ‘inumano’ perché era, inter alia, premeditato, esercitato per ore di fila e causato da lesioni fisiche concrete o sofferenza fisica o mentale. Il trattamento è stato considerato ‘degradante’ quando ha suscitato nelle sue vittime sentimenti di paura, angoscia ed inferiorità tali da umiliarle e sminuirle, con la possibilità di distruggere la loro resistenza fisica o morale o portarle ad agire contro la loro volontà o coscienza. In questo senso, la domanda circa l’obiettivo del trattamento, ovvero se il trattamento sia stato mirato ad umiliare o sminuire la vittima è un fattore da prendere in considerazione, seppur l’assenza di tale intento non porti inevitabilmente alla conclusione che non vi sia stata una violazione dell’articolo 3.

3. Il divieto di maltrattamenti di cui all’articolo 3 si applica allo stesso modo a tutte le forme di privazione della libertà, senza che lo stesso ponga, in particolare, alcuna distinzione sulla base dell’obiettivo della misura; è irrilevante il fatto che la misura implichi la reclusione ordinata nel contesto di procedimenti penali oppure l’ammissione ad un’istituzione che mira a proteggere la vita o la salute della persona interessata.
(Il ricorrente lamentava la violazione del diritto ad essere libero da trattamenti inumani e degradanti ex articolo 3 dopo aver vissuto per sette anni in una casa di assistenza sociale per persone con malattie mentali, dove le condizioni igieniche erano pessime ed il cibo insufficiente. Una corte domestica lo aveva dichiarato parzialmente incapace in virtù della schizofrenia da cui era presumibilmente affetto, sottoponendolo a tutela parziale senza il suo previo consenso. Uno psichiatra indipendente aveva poi ritenuto la diagnosi di schizofrenia inaccurata. Aveva diagnosticato, invece, l’abuso di alcolici, sottolineando l’estrema dannosità della residenza nella casa per la salute del ricorrente, capace di reintegrarsi nella società. Il governo non si era adoprato per chiudere la struttura, nonostante dopo due visite ufficiali l’European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment avesse concluso che le condizioni della casa di assistenza costituivano trattamenti inumani e degradanti. La Corte EDU riscontrava la violazione dell’articolo 3).

Note

Il ricorrente lamentava anche la violazione di altri diritti protetti dalla Convenzione. La Corte rilevava che vi era stata una violazione del diritto di accedere alla giustizia ex articolo 6 poiché il ricorrente non aveva avuto accesso agli organi giurisdizionali per richiedere il ripristino della propria capacità giuridica. Nell’ambito della privazione della libertà, lo Stato aveva violato anche l’articolo 5, paragrafo 1 dal momento che la procedura per il collocamento del ricorrente in una casa di assistenza sociale per persone con malattie mentali non era stato conforme alla legge. La mancanza di rimedi giurisdizionali per (i) contestare l’illegittimità del collocamento nel centro e (ii) ottenere il risarcimento per le condizioni di vita pessime all’interno della casa costituivano violazioni rispettivamente dell’articolo 5, paragrafo 4 e dell’articolo 13.