1. Il mancato svolgimento di un’inchiesta ufficiale ed effettiva a fronte della denuncia del ricorrente di essere stato sottoposto a detenzione segreta e di aver subito tortura e maltrattamenti, viola l'art. 3 della Convenzione sotto il profilo procedurale. Infatti, in assenza di indagini idonee ad accertare la verità rispetto alla presunta inosservanza dell’art. 3 CEDU, il divieto di tortura e trattamenti disumani e degradanti risulta concretamente inefficace. (Nel caso di specie, il ricorrente, palestinese apolide sospettato di aver posto in essere atti di terrorismo, catturato in Pakistan e trasferito, tra l’altro, in un centro di detenzione segreto della CIA in Polonia, esperisce le vie giudiziali, lamentando di essere stato arbitrariamente detenuto e di aver subito gravi maltrattamenti. L’attività di indagine intrapresa dalle autorità polacche si rivela, però, insufficiente a chiarire i fatti denunciati, in considerazione della volontà che le attività della CIA sul territorio polacco, e la complicità delle autorità polacche in esse, rimanessero segrete).
2. Il diritto alla verità è funzionale a soddisfare non solo gli interessi della vittima e della sua famiglia, ma anche di coloro che sono stati sottoposti a condotte simili e dell'intera collettività, che ha il diritto di conoscere i fatti accaduti.
3. La riservatezza o la segretezza della documentazione relativa a un’indagine in corso non consente alle autorità di rifiutarne la divulgazione alle parti coinvolte nel procedimento. Anche quando sussiste un interesse pubblico a mantenere segrete talune informazioni, specialmente in riferimento a casi relativi alla lotta contro il terrorismo, tale esigenza deve essere bilanciata con il diritto di difesa delle parti, senza che siano compromesse eccessivamente le esigenze di sicurezza nazionale.
4. L’espletamento di indagini effettive rispetto a gravi violazioni dei diritti umani può essere generalmente considerato come un elemento fondamentale nella maturazione della fiducia nelle istituzioni. Una seria attività di indagine, infatti, testimonia l’aderenza delle autorità inquirenti ai principi dello stato di diritto ed esclude la tolleranza o il coinvolgimento delle istituzioni nella perpetrazione dei crimini stessi. Per le stesse ragioni deve essere assicurato un livello minimo di diffusione dei documenti relativi alle indagini o ai risultati conseguiti, in maniera tale che la responsabilità dei colpevoli sia sancita non solo in teoria, ma anche in pratica.