Insussistenza del divieto di bis in idem nei rapporti tra giurisdizione statuale e giurisdizione canonica
Riferimenti normativi
Art. 7 Costituzione italiana
Art. 23 Trattato del Laterano
Can. 1344 Codice di diritto canonico
Massima
1. Escluso in primo luogo che la sussistenza del principio del ne bis in idem intercorrente tra ordinamento statale e ordinamento canonico possa derivare semplicemente dai principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost., posto che nessun riferimento, neppure implicito, al ne bis in idem può in essi essere rinvenuto, e che, come già affermato dalla Corte costituzionale, va escluso che tale principio, con riferimento all'efficacia delle sentenze penali straniere, debba essere riconosciuto come inerente ai diritti inviolabili della persona umana in base alla Convenzione europea del 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
2. Né potrebbe, il principio del ne bis in idem, essere ritenuto nella specie operativo per effetto di accordi, tra la Santa Sede e l'Italia, o di convenzioni cui entrambe abbiano aderito e che, come già detto, sarebbero necessari proprio a fronte dell'assenza di un principio internazionalmente riconosciuto in tal senso.
3. Nulla osta a che il chierico, giudicato in sede canonica per il reato di cui all'art. 609-quater cod. pen., possa essere giudicato per lo stesso fatto anche dalla giurisdizione statale.
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