Barankevich c. Russia, N. 10519/03, Corte EDU (Prima Sezione), 27 luglio 2007
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Abstract
Diniego dell’autorizzazione di celebrare una funzione religiosa in luogo pubblico. Assenza di un’adeguata motivazione. Violazione dell’articolo 11 della CEDU interpretato alla luce dell’articolo 9.
Riferimenti normativi
Art. 9 CEDU
Art. 11 CEDU
Massima
1. Il diritto alla libertà di riunione copre sia le riunioni private che le riunioni nei luoghi pubblici pubbliche, sia le riunioni statiche che le pubbliche processioni; inoltre, può essere esercitato dai singoli partecipanti all'assemblea come da coloro che la organizzano. Gli Stati devono astenersi dall'applicare misure arbitrarie in grado di interferire con il diritto di riunirsi pacificamente. In considerazione della natura essenziale della libertà di riunione e di associazione e del suo stretto rapporto con la democrazia, devono esserci ragioni convincenti per giustificare un'interferenza con questo diritto.
2. Sebbene gli interessi individuali debbano a volte essere subordinati a quelli di un gruppo, democrazia non significa semplicemente che le opinioni della maggioranza debbano sempre prevalere: deve essere raggiunto un equilibrio che assicuri un trattamento giusto e corretto delle minoranze ed eviti qualsiasi abuso da parte di chi ricopra una posizione dominante.
3. Nell'esercitare il proprio potere nella sfera della religione e nei suoi rapporti con le varie religioni, confessioni e credenze, lo Stato ha il dovere di rimanere neutrale e imparziale. Ciò che è in gioco è la conservazione del pluralismo e il corretto funzionamento della democrazia. Sicché il ruolo delle autorità in tali circostanze non è quello di rimuovere la causa della tensione eliminando il pluralismo, ma di garantire che i gruppi concorrenti si tollerino a vicenda.
4. Sarebbe incompatibile con i valori sottostanti alla Convenzione se l'esercizio dei diritti da parte di un gruppo di minoranza fosse subordinato alla sua accettazione da parte della maggioranza. Se così fosse, i diritti di un gruppo minoritario alla libertà di religione, espressione e riunione diverrebbero meramente teorici piuttosto che effettivi, come richiesto dalla Convenzione.
(Il ricorrente, pastore di una Chiesa di minoranza, si era visto denegare l’autorizzazione a celebrare una funzione religiosa in luogo pubblico. Il motivo del diniego riposava nel fatto che la riunione dei fedeli di un gruppo minoritario generare malcontento tra gli appartenenti ad altre confessioni e causare pubblici disordini. La Corte ritiene che la misura non fosse necessaria in una società democratica)