1. La libertà di religione, intesa nel senso di cui alla Convenzione, non implica in nessun modo che i gruppi religiosi o i fedeli di una religione debbano beneficiare di uno statuto giuridico specifico o di un trattamento fiscale differente da quello degli altri soggetti.
2. Al fine di definire l’estensione e i limiti del margine di apprezzamento garantito agli Stati contraenti, la Corte deve prendere in considerazione l’esigenza di mantenere un genuino pluralismo religioso, inerente al concetto di società democratica.
3. In una materia complessa come la pianificazione urbanistica, gli Stati contraenti godono di un ampio margine di apprezzamento. Nondimeno, la Corte non può dismettere il suo potere di controllo. In particolare, essa deve verificare che sia stato trovato un ragionevole bilanciamento con il diritto del ricorrente di manifestare la propria fede, nel senso della Convenzione.
(Il giudizio è introdotto da due comunità afferenti alla denominazione dei Testimoni di Geova. La Corte osserva come i Giudici nazionali non abbiano tenuto conto degli specifici bisogni espressi dalle comunità ricorrenti e abbiano utilizzato le disposizioni normative per imporre condizioni proibitive all’esercizio del culto dei gruppi di minoranza)
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