Condanna di un giornalista per diffamazione della religione. Illegittima ingerenza nella libertà di espressione.
Riferimenti normativi
Art. 10 CEDU
Massima
Dichiarazioni critiche relative a questioni religiose, che apportano un contributo a un dibattito di interesse pubblico senza offendere, vilipendere o fomentare l’odio contro le credenze religiose in quanto tali, non integrano un’ipotesi di diffamazione della religione. In tali circostanze, eventuali limitazioni della libertà di espressione devono essere valutate con rigore. (Nel caso di specie, il ricorrente, giornalista, sociologo e storico, era stato condannato per aver diffamato la comunità cristiana, avendo pubblicato un articolo su un quotidiano che criticava un’enciclica papale. Secondo i magistrati francesi, l’articolo accusava i cattolici e, più generalmente, i cristiani, di essere responsabili delle stragi naziste. La Corte di Strasburgo osserva che, sebbene dall’articolo emergesse una critica alla posizione del Papa, essa non poteva essere estesa al cristianesimo in generale. Inoltre, analizzando i possibili collegamenti della dottrina cristiana con le origini dell’Olocausto, il ricorrente ha semplicemente apportato il suo contributo a un dibattito di indiscutibile interesse pubblico in una società democratica. Conseguentemente, la Corte ha ritenuto che la condanna del ricorrente costituisse un’illegittima ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione).
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