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Corte costituzionale italiana, N. 236/2015, 19 novembre 2015

Data
19/11/2015
Tipologia Sentenza
Numerazione 236/2015

Abstract

Incandidabilità alle elezioni in seguito a sentenza definitiva di condanna.

Riferimenti normativi

Art. 2, Costituzione
Art. 4, com. 2 Costituzione
Art. 51, com. 1 Costituzione
Art. 97, com. 2 Costituzione
Art. 11, com. 1 Decreto legislativo n. 235, 31/12/2012

Massima

1. La disciplina dell’incandidabilità - che ha una lunga serie di precedenti nella legislazione italiana adottata fin dal 1990 per fronteggiare casi gravi di illegalità nella pubblica amministrazione - non costituisce infatti né una sanzione penale né un effetto penale della condanna; essa è piuttosto la misura scelta dal legislatore nel caso venga accertato, seppure in via temporanea, il venire meno di uno dei requisiti soggettivi richiesti per l'accesso e il mantenimento a una delle cariche elettive indicate.

2. La scelta del legislatore, di prevedere che una condanna per una serie di reati contro la pubblica amministrazione, anche se non definitiva, faccia sorgere l'esigenza cautelare di sospendere temporaneamente il titolare della carica risulta dunque ragionevole, anche in caso di sua applicazione ai mandati in corso, dal momento che si tratta di salvaguardare l'amministrazione pubblica dal rischio di inquinamento e di tutelarne la credibilità.
(Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 1, lett. a), del d.lgs. del 31 dicembre 2012 n. 235 - in relazione al precedente art. 10, comma 1, lett. c) - sollevata con riferimento agli artt. 2, 4 secondo comma, 51 primo comma e 97, secondo comma Cost., la quale sospende di diritto dalle cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale coloro che hanno riportato una condanna non definitiva, tra l'altro, anche per il delitto di abuso di ufficio).