O.N. e D.P. c. Federazione Russa, N. 119/2017, Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (CEDAW), 3 aprile 2020
Aree tematiche
Paese
Abstract
Il fallimento dello Stato nell’indagare su crimini a sfondo omofobico costituisce una violazione del divieto di discriminazione. La violenza nei confronti di una coppia lesbica costituisce violenza di genere e discriminazione intersezionale.
Riferimenti normativi
Art. 1 CEDAW
Art. 2 CEDAW
Art. 5 CEDAW
Massima
1. Lo Stato Parte deve garantire una formazione puntuale e sensibile sulle questioni di genere alla polizia ed alle autorità inquirenti su CEDAW, il Protocollo opzionale e le raccomandazioni generali del Comitato CEDAW, in particolare le raccomandazioni generali n. 19 (1992) sulla violenza contro le donne, n. 28, n. 33 (2015) sul diritto delle donne di accesso alla giustizia e n. 35 (2017) sulla violenza di genere contro le donne, che aggiorna la raccomandazione generale n. 19, affinché i crimini a sfondo omofobico commessi contro le donne lesbiche possano essere inquadrati come violenza di genere o come crimini d’odio che richiedono un attivo intervento statale.
2. La piena applicazione di CEDAW richiede che gli Stati Parte non solo adottino le misure necessarie per eliminare la discriminazione diretta ed indiretta e migliorare la posizione effettiva delle donne, ma anche che essi modifichino e trasformino gli stereotipi di genere ed eliminino quelli dannosi, che sono causa fondamentale e conseguenza della discriminazione contro le donne. Gli stereotipi di genere si perpetuano in vari modi ed attraverso varie istituzioni, tra cui le leggi ed i sistemi giuridici, e possono essere riprodotti da attori statali in tutti I rami ed a tutti i livelli di governo, nonché da attori privati. […] Le leggi penali sono particolarmente importanti nel garantire che le donne siano nelle condizioni di poter esercitare i loro diritti umani, tra cui il diritto di accesso alla giustizia, in base al principio di uguaglianza.
(Le ricorrenti lamentavano la violazione degli articoli 1, 2 e 5 di CEDAW alla luce del fallimento da parte della Russia di indagare in modo efficace sui reati commessi da dei soggetti privati nei confronti di una coppia di donne lesbiche, a causa del loro orientamento sessuale. Dopo aver visto la coppia tenersi per mano, abbracciarsi e baciarsi, un uomo aveva colpito le due donne sul volto, in testa e sul corpo. Aveva urlato anche insulti omofobi, minacciandole di morte, mentre un altro uomo filmava l’aggressione. La coppia aveva denunciato il fatto alla polizia, ma quest’ultima aveva rifiutato di aprire le indagini per due anni, ritenendo che il reato non sussistesse. Avendo il tribunale cittadino e quello distrettuale rigettato il loro ricorso, le ricorrenti avevano riclassificato invano il reato come crimine d’odio. Il Comitato CEDAW riscontrava una violazione del divieto di discriminazione da parte della Russia, dal momento che le ricorrenti avevano subito forme intersezionali di discriminazione in virtù del loro essere donne lesbiche, ai sensi degli articoli 1, 2 (a) e (c)-(e) e 5 (a) CEDAW).