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Focus

Uno sguardo d’insieme su alcune tematiche di specifico interesse per il pluralismo

La protezione dei migranti climatici in Italia

La protezione dei migranti climatici in Italia

Il fenomeno migratorio – di pieno interesse nell’ambito degli studi sul pluralismo, essendo tra le principali cause di “diversità” nelle nostre società – appare sempre più chiaramente influenzato dal cambiamento climatico, ultima tra le innumerevoli condotte autodistruttive del genere umano. Le condizioni di vita proibitive di numerosi “paesi in via di sviluppo” – afflitti da siccità, inondazioni, desertificazioni, cicloni, ecc. – spingono le loro popolazioni a spostarsi, cercando rifugio nei c.d. “paesi del primo mondo”, principali responsabili delle emissioni alla base del cambiamento climatico stesso e delle sue drammatiche conseguenze.

 

Dunque, anche in un’ottica di piena responsabilizzazione di questi paesi, via via sempre più intenso si sta facendo il dibattito – politico e giurisprudenziale – sugli strumenti giuridici di protezione da riconoscersi a vantaggio di questa nuova categoria di migranti, appunto qualificabili come “migranti climatici”.

 

Guardando innanzitutto al “diritto delle Carte”, ossia a quello dei vari testi normativi prodotti a livello internazionale, sovranazionale e nazionale, i “migranti climatici” non sono mai oggetto di esplicita considerazione. Da qui discende un sostanziale ostacolo al riconoscimento in loro favore dell’operatività degli strumenti di tutela tradizionali, in primis quelli propri degli ordinamenti internazionale ed europeo, ossia lo status di rifugiato (Convenzione di Ginevra del 1951; in Italia, D.Lgs. n. 251/2007) e quello della protezione sussidiaria (Direttive nn. 2004/83/CE e 2011/95/UE; in Italia, sempre D.Lgs. n. 251/2007). In entrambi i casi, le cause considerate giuridicamente rilevanti e giustificanti la fuga dal proprio paese di origine appaiono chiaramente di natura antropica, ossia direttamente riconducibili a condotte di (gruppi organizzati di) individui, come testimoniato dai possibili soggetti attori delle persecuzioni (lo Stato di origine, oppure partiti o organizzazioni che ne controllano una porzione di territorio), nonché dalle cause e dalla natura degli atti persecutori (mossi da motivi razziali, religiosi, politici e capaci di tradursi in forme di tortura, trattamenti inumani, condanne a morte e minacce gravi alla vita).

 

D’altro canto, l’esigenza di riconoscere ai migranti climatici una qualche forma di protezione ha trovato chiare manifestazioni nel “diritto delle Corti”, con i giudici che hanno tracciato, negli ultimi anni, un chiaro sentiero interpretativo volto a riconoscere – nella normativa esistente – strumenti di tutela per chi fugge dagli effetti del cambiamento climatico.

 

Un primo tassello essenziale si colloca a livello del diritto internazionale, con la decisione del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite Teitiota vs Nuova Zelanda, laddove il  Collegio ha riconosciuto che il cambiamento climatico può dar luogo a eventi capaci di compromettere l’accesso a beni e servizi essenziali – come il cibo, l’acqua, l’abitazione, ecc. – pregiudicando il diritto di ciascun individuo a vivere una vita dignitosa. A fronte di ciò, il Comitato ha affermato l’operatività del principio di non refoulement del migrante, il quale dovrà essere ammesso nella nazione presso cui ha presentato la domanda di protezione. D’altro canto, il Collegio, riconosciuto il principio di non respingimento, non si è però sbilanciato sull’effettivo status giuridico da garantire al richiedente protezione, sostanzialmente rimettendo la questione ai singoli ordinamenti nazionali e, allo stesso tempo, confermando la già menzionata non riconducibilità dei migranti climatici a forme di protezione internazionale.

 

La direzione indicata dal Comitato ONU dei diritti umani trova un chiaro riscontro nella giurisprudenza italiana, le cui spinte verso il riconoscimento di una forma di protezione ai migranti climatici hanno dovuto però fare i conti non solo con la già menzionata inapplicabilità al caso di specie degli istituti del diritto internazionale e sovranazionale, ma anche con una disciplina nazionale in tema di diritto d’asilo che, negli ultimi anni, è stata oggetto di sostanziali mutamenti. Infatti, l’iniziale orientamento che giudicava positivamente la riconducibilità dei migranti climatici alla “protezione umanitaria” – istituto proprio del diritto italiano, operante nei confronti degli stranieri richiedenti asilo qualora non sussistessero i presupposti del “rifugio” e della protezione sussidiaria, ma una tutela dovesse essere comunque riconosciuta in ossequio agli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato (art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998) – ha subito una battuta d’arresto con l’abolizione di tale forma di protezione, ad opera del D.L. n. 113/2018. Nuovi spiragli si sono aperti a seguito della L. n. 173/2020 la quale, nel dettare la nuova disciplina della c.d. “protezione speciale”, ritorna a dare rilievo all’esigenza di ottemperanza agli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato.

 

Tale istituto è così posto alla base dell’ordinanza n. 5022/2021 della Corte di Cassazione, i cui giudici hanno affermato l’esigenza di concedere la protezione in questione ogni qual volta il contesto socio-ambientale di provenienza del migrante sia talmente degradato da escludere condizioni di vita dignitose o, in altre parole, da ridurre a tal punto i suoi diritti alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione così da porli al di sotto della soglia del loro nucleo essenziale e ineludibile.

 

Questa pronuncia, per quanto cruciale, non ha sopito tutti i dubbi che caratterizzano una materia le cui incertezze conseguono, in ogni caso, dall’assenza di disposizione normative che esplicitamente riconoscono la figura dei migranti climatici e la cui protezione, quindi, rimane principalmente ancorata agli orientamenti interpretativi delle Corti. Nel solo ultimo anno, dunque, non sono mancate pronunce che si sono allontanate dalle indicazioni dei Giudici di legittimità, negando la protezione ai migranti climatici, oppure riconoscendo loro forme di protezione meno intensa (come quella per calamità ex art. 20­-bis D.Lgs. n. 286/1998) o richiedendo il soddisfacimento di requisiti ulteriori, in capo al migrante, affinché possa beneficiare della protezione speciale.

 

Alla luce del complesso scenario fin qui tratteggiato, il presente focus si propone di fornire alcune coordinate utili per comprendere l’emergente considerazione del cambiamento climatico quale causa giuridicamente rilevante per migrazioni forzate meritevoli di protezione, accompagnando il breve inquadramento appena concluso con le principali pronunce dei giudici italiani, nonché offrendo una rassegna bibliografica della dottrina recentemente intervenuta in materia.

 

(Focus a cura di Luca Galli)

 

Giurisprudenza Correlata:

 

Teitiota v. Nuova Zelanda, communication No. 2728/2016, decisione del 7 gennaio 2020

 

Corte Cass. civ., Sez. II, ordinanza 24 febbraio 2021, n. 5022

 

Trib. Aquila, ordinanza del 19 febbraio 2018

 

Corte Cass. civ., Sez. I, 23 febbraio 2018, n. 4455

 

Corte App. Torino, 13 marzo 2018, n. 462

 

Corte App. Napoli, 17 maggio 2018, n. 2264

 

Trib. Bari, 19 marzo 2021

 

Corte App. Torino, 3 giugno 2019, n. 928

 

Corte Cass. civ., Sez. I, 4 febbraio 2020, n. 2563

 

Corte App. Brescia, 16 settembre 2020, n. 994

 

Corte Cass. civ., Sez. II, 24 febbraio 2021, n. 5025

 

Corte Cass. civ., Sez. lav., 11 marzo 2021, n. 6927

 

Corte App. Bari, 4 maggio 2021, n. 838

 

Corte App. Bari, 29 giugno 2021, n. 1230

 

Corte Cass. civ., Sez. lav., 28 luglio 2021, n. 21579

 

Corte App. Catania, 2 febbraio 2022, n. 215

 

Corte App. Venezia, 8 febbraio 2022, n. 282

 

Corte App. Catania, 31 gennaio 2022, n. 176

 

Bibliografia essenziale:

 

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M. Benvenuti, Il dito e la luna. La protezione delle esigenze di carattere umanitario degli stranieri prima e dopo il Decreto Salvini, in Dir. imm. citt., 2019, 1 ss.

 

P. Bonetti, La protezione speciale dello straniero in caso di disastro ambientale che mette in pericolo una vita dignitosa, in Riv. trim. dir. pen. amb., 2021, 49 ss.

 

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E. Castronuovo, Il permesso di soggiorno per motivi umanitari dopo la sentenza della Corte di cassazione n. 4455/2018, in Dir. imm. citt., 2018, 1 ss.

 

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J. Jacobson, Environmental Refugees: A Yardstick of Habitability, in Worldwatch Paper n. 86, 1988, Washington

 

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N. Zorzella, La nuova protezione speciale introdotta dal D.L. 130/2020. Tra principio di flessibilità, resistenze amministrative e problematiche applicative, in Dir. imm. citt., 2021, 130 ss.

 

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